Un viaggio in un luogo senza tempo.
Dopo Bari Vecchia, il nostro Tour nelle terre della Puglia ci porta alla seconda tappa: Alberobello. Oggi visitare questo luogo è come fare un viaggio in un paese senza tempo. Alberobello rappresenta uno dei 51 siti italiani inseriti dall’Unesco dal 1996 nella World Heritage List. Il trullo, presente principalmente nella Valle d’Itria, un’area situata tra le province pugliesi di Brindisi, Bari e Taranto, è utilizzato ancora oggi come abitazione o attività commerciale e costituisce un geniale e longevo esempio di architettura spontanea. Alberobello resta oggi l’unica città in cui permane, nel centro storico, un intero quartiere di trulli, ponendosi come “capitale culturale della Valle d’Itria”.
Il nome “trullo” deriva dal tardo greco “τρούλος”, ovvero “cupola”, e indica delle antiche costruzioni coniche in pietra a secco di origine preistorica. La pietra usata per le costruzioni era ricavata dalle rocce calcaree dell’altopiano delle Murge. Secondo alcuni studi i primi trulli di Alberobello risalirebbero alla metà del XIV secolo, ma l’antropizzazione dell’area prese avvio solo nel XVI secolo su impulso del conte di Conversano Andrea Matteo III Acquaviva d’Aragona. Il conte introdusse dal feudo di Noci una quarantina di famiglie di contadini per bonificare e coltivare le terre, con l’obbligo di consegnargli la decima dei raccolti.
Una straordinaria tecnica costruttiva.
Ma nel XVI secolo iniziò la vera urbanizzazione. L’abbondanza di materiale sedimentario calcareo e l’autorizzazione del conte a costruire edifici a secco senza l’uso di malta, contribuì all’espansione dell’agglomerato urbano. Tale obbligo di far costruire case solo con pietre a secco, fu un espediente del conte per sfuggire ad un editto del Regno di Napoli che imponeva tributi a ogni nuovo insediamento urbano, facendole risultar perciò costruzioni precarie e non tassabili. In verità i trulli sono tutt’altro che precari: la struttura, seppur priva di elementi di sostegno e collegamenti, possiede una straordinaria capacità statica.
La pianta del trullo è approssimativamente circolare; sulla base di roccia naturale si innesta la pesante muratura. Gli ambienti interni sono distribuiti intorno al vano centrale e lo spessore delle mura perimetrali, unito alla scarsa presenza di finestre, assicurano un ottimale equilibrio termico durante l’anno. Il tetto è composto da una pseudo-cupola di lastre calcaree orizzontali posizionate in serie concentriche sempre più piccole, le cosiddette “chianche” (all’interno) e le più sottili “chiancarelle” (all’esterno). Importantissima la chiave di volta, spesso decorata con motivi di carattere esoterico o spirituale. Ingegnosa la presenza di un cornicione sporgente dal tetto utilizzato per la raccolta delle acque piovane in apposite cisterne.
Cosa vedere ad Alberobello.
I due rioni principali di Alberobello sono: il Monti, distretto composto da circa 1030 trulli, fra cui I ‘trulli siamesi’, con focolare basso e privi di finestre; l’Aja Piccola, borgo costituito di una rete di vicoli stretti e tortuosi. Nel complesso a trulli si distinguono due tipi di tessuto edilizio: uno più recente che si affaccia interamente su piazza XXVII Maggio e, con un effetto prospettico monumentale, si sviluppa su due piani, con facciata alta e stretta sormontata da un timpano triangolare che evidenzia la sezione del tetto a due falde, coperto da chiancarelle. L’altro tessuto rappresenta la parte più antica e risente dell’influenza della zona monumentale dell’Aia Piccola.
Come già detto, i tetti a cupola dei trulli sono abbelliti con pinnacoli decorativi, la cui forma è ispirata a elementi simbolici, mistici e religiosi. Essi erano realizzati dalla maestranza assunta per la costruzione del trullo e ne identificavano l’artigiano. In base alla qualità della fattura del pinnacolo si poteva dunque identificare non solo la destrezza artigianale del costruttore, ma anche il valore della costruzione. Una maggiore spesa nella costruzione del trullo permetteva di individuare pertanto le famiglie più abbienti da quelle meno facoltose. Per quanto riguarda i simboli dipinti sopra i tetti, spesso assumono un significato religioso o rappresentano segni dello zodiaco. Pinnacolo e simbolo insieme formavano una sorta di identificativo civico.
La Casa Pezzolla.
In una zona centrale dell’abitato compresa fra il quartiere Aia Piccola e piazza del Popolo sorge il più grande complesso di trulli contigui e comunicanti (quindici) visitabili ad Alberobello, i più antichi dei quali risalgono al XVIII secolo. Tale complesso abitativo, identificato come Casa Pezzolla dal nome degli ultimi proprietari, nel 1986 è stato acquistato dal Comune di Alberobello e tra il 1993 e il 1997 è stato interamente restaurato.
Il Museo del Territorio, ospitato nel complesso di Casa Pezzolla, nasce dalla volontà di conservare e narrare la storia dell’area territoriale del comprensorio dei trulli, riconosciuta dall’UNESCO nel 1996 quale patrimonio artistico d’interesse mondiale. Il museo è pensato come contenitore per le esposizioni di attrezzi, di reperti e di testimonianze relative alla storia, alle tradizioni ed al folklore del territorio della Murgia dei Trulli, oltre ad essere sede ospitante di mostre ed esposizioni temporanee di arti figurative.
La Casa d’Amore.
Il 22 giugno del 1797, mentre veniva eletto il primo Sindaco Francesco D’Amore, questo iniziò a costruire il primo trullo edificato ufficialmente con l’uso della malta. Con un dispaccio dell’epoca, infatti, il Re decretava che gli alberobellesi potessero fabbricare case nel modo ad essi più comodo, senza essere impediti dal Conte di Conversano. L’evento era ulteriormente testimoniato dalla piccola epigrafe, posta sotto l’arco che segna l’area del balcone, che riporta la seguente iscrizione: EX AUCTORITATE REGIA – HOC PRIMUM ERECTUM – A.D. 1797. L’unico elemento d’unicità evidente, se si esclude l’uso di malta, è il piano sopraelevato raggiungibile esternamente tramite una scala esterna. La Casa d’Amore, oggi è sede dell’ufficio informazioni per il turismo.
Il Trullo sovrano.
Il trullo più grande del paese è chiamato Trullo Sovrano. Fatto costruire dalla famiglia Perta nella metà del Settecento, questo edificio a due piani è adibito a museo ed è possibile visitarne l’interno, arredato secondo il gusto d’epoca, ricostruito tramite le testimonianze dei più anziani abitanti alberobellesi. Durante il periodo estivo, il Trullo Sovrano ospita manifestazioni quali spettacoli teatrali, concerti di piccole orchestre o formazioni Jazz, serate di cultura e poesia.
La Chiesa di Sant’Antonio e Basilica minore dei Santi Medici.
Edificata tra il 1926 e il 1927 su un terreno alla sommità del rione Monti, donato da una cittadina di Alberobello ai sacerdoti guanelliani, la chiesa di Sant’Antonio riproduce le fattezze delle abitazioni del rione. Su una pianta a croce greca s’innesta una cupola alta 21 metri a forma di trullo, che si integra perfettamente con gli edifici circostanti. La chiesa è stata interamente restaurata nel 2004.
La basilica minore è dedicata ai santi Cosma e Damiano, patroni di Alberobello; si tratta di un edificio in stile neoclassico, la cui facciata è del 1885. Nel febbraio del 2000 papa Giovanni Paolo II l’ha elevata alla dignità di basilica minore. La chiesa ospita il reliquiario dei Santi e il quadro della Madonna di Loreto.
L’Ecomuseo della Valle d’Itria.
L’Ecomuseo della Valle d’Itria è un museo diffuso fondato nel 2010 con i comuni di Alberobello, Cisternino, Fasano, Locorotondo, Martina Franca e Monopoli. L’ecomuseo è una forma museale mirante a conservare, comunicare e rinnovare l’identità culturale della comunità locale e punta ad una conservazione attiva ed integrata degli aspetti strettamente geografici, paesaggistici e ambientali ma anche alla valorizzazione delle risorse patrimoniali, materiali e immateriali, come case ed opifici, pratiche di vita e di lavoro, produzioni locali nella prospettiva di orientare lo sviluppo futuro del territorio in una logica di sostenibilità ambientale, economica e sociale, di responsabilità e di partecipazione dei soggetti pubblici e privati e dell’intera comunità locale.
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