“Si stava meglio quando si stava peggio”.
C’erano una volta ragazzini che tornati da scuola, dopo aver fatto i compiti e studiato, uscivano con i compagni di classe, facevano sport, giocavano ai videogame oppure semplicemente guardavano i cartoni animati.
Ora ci sono ragazzini e ragazzine di 14 anni che si atteggiano da grandi uomini e grandi donne, che bruciano le tappe e passano più tempo a intrattenere rapporti virtuali che rapporti personali.
Il problema vero e proprio non sono i social di per sé, ma l’utilizzo che di essi viene fatto soprattutto nel periodo dell’adolescenza e della crescita. Anche gli adulti sono sempre più schiavi degli smartphone e dei social network, ma gli adulti di oggi hanno fatto in tempo a vivere un’adolescenza “normale”, hanno vissuto quel periodo nel quale dopo i compiti correvano in mezzo ai prati, andavano in bici al campetto, trascorrevano i pomeriggi a parlare con un amico… non inviandogli un sms su what’s app, ma chiamandolo al telefono a casa per organizzare l’incontro del pomeriggio.
I rapporti tra i ragazzini sono sempre meno umani e più virtuali, i genitori dovrebbero insegnare loro che la vita vera non si svolge dietro ad un computer o ad uno smartphone, ma che fuori c’è tutto un mondo da scoprire e con il quale comunicare.
Blue Whale: la nuova tragedia del lato oscuro dei social.
Prima di iscriverci a qualsiasi social network dovrebbe campeggiare sul video la scritta “i social uccidono”! Una provocazione un po’ forte? No, purtroppo questo è il lato oscuro dei social, perché i social possono anche uccidere!
Non bastava il cyber bullismo… non bastavano ragazzini egocentrici che devono sfogare il proprio ego facendo violenza psicologica sugli altri. Da qualche giorno sui social non si fa altro che parlare del fenomeno “Blue Whale”, una nuova challenge che non ha niente a che vedere con nessun fine benefico, ma porta al suicidio.
Blue Whale, balena blu in italiano, è un nuovo fenomeno, una sorta di gioco che sta dilagando tra i teenager: si tratta di una serie di prove da affrontare fino all’ultima che provoca morta certa, come se suicidarsi fosse la via d’uscita.
Ma quali sono le “regole” del gioco? Il gioco è formato da una serie di 50 tappe “da superare” dettate da un curatore, si tratta di una sorta di percorso di violenza, psicologica e fisica, che il giocatore deve infliggersi per poi dare un riscontro al proprio curatore; ogni giorno è un giorno verso l’autoesclusione dalla società, portando gradualmente il “giocatore” a non sopportare la sofferenza fino a liberarsi del dolore con il suicidio.
Social Network: maneggiare con cura.
I social network se usati correttamente possono davvero fruttare moltissimo, sia nel lavoro che nella vita privata, ma ci sono alcune persone che sono più deboli di altre e finiscono per mettersi in contatto con le persone sbagliate. Pur correndo il rischio di essere invadenti e ledendo la privacy dei nostri figli, soprattutto in età adolescenziale, sarebbe meglio avere su di loro un maggiore controllo, cercando di dialogare il più possibile per evitare che finiscano nelle reti sbagliate.
Se necessario non esitate anche ad un incontro con uno psicoterapeuta, spesso gli adolescenti mascherano il loro disagio e hanno bisogno di aiuto, ma non hanno il coraggio di chiederlo.